Enrico Parizzi
Era il Natale del 1982 e avevo otto anni quando ho toccato per la prima volta un computer. Dopo un anno avevo già imparato a programmare. Ma mentirei se vi raccontassi che dal primo momento in cui ho avuto fra le mani una tastiera mi sono detto "da grande diventerò un esperto di informatica e realizzerò bellissimi siti Internet". Quello che appunto sono e faccio adesso.
Dai primi passi col Vic-20 ai PC
Tutto è iniziato dal Commodore Vic-20 che un Babbo Natale in vena di regali tecnologici mi ha lasciato quell’anno sotto l’albero. Chi aprisse oggi quella confezione scoppierebbe a ridere o urlerebbe di essere stato imbrogliato, perché tutto quello che troverebbe sarebbe una banalissima tastiera e un cavo per collegarla alla televisione. Niente display, niente mouse e soprattutto niente prestazioni misurate con i giga a cui siamo abituati. Volete un esempio? La ram era di 5 kilobyte. Oggi un normale PC ne ha 2 milioni di volte in più!
Paragonato ai computer odierni il Vic-20 era un trabiccolo. Ma anche l’aereo dei fratelli Wright era un trabiccolo. E come il loro biplano è stato capace di rivoluzionare il volo moderno sollevandosi per pochi metri, così anche un computerino senza disco rigido e con pochissima ram ha cambiato la storia dell’informatica
Il Vic-20 non solo metteva la programmazione alla portata di tutti, ma soprattutto la rendeva divertente grazie al suo linguaggio, quel Basic fatto di righe di istruzioni numerate e allineate in ordine come le tabelline. Credo che non ci sia mai stato un modo più semplice per dare istruzioni a un computer ed era proprio questo l’ingrediente che serviva per avvicinare un bambino come me alla programmazione.
Sapevo già contare, il punto di partenza per mettere in riga le istruzioni (chi conosce il Basic ricorderà la sequenza di 10, 20, 30… che precedeva ogni comando). Per capire cosa mettere dopo i numeri di riga c’era il manuale, che ho letto come se fosse un fumetto. E grazie a una fortunata coincidenza e alla buona volontà di alcuni maestri la mia scuola elementare, la Pietro Micca di Milano , aveva organizzato proprio in quel periodo uno dei primi corsi di informatica per bambini.
Ma diversamente da Mozart, che dopo aver scritto la sua prima composizione a cinque anni non si è più fermato, devo ammettere che finite le elementari la mia passione per l’informatica ha perso il suo slancio iniziale. Dovevo aspettare le superiori per riavvicinarmi ai computer, un incontro che sarebbe avvenuto in circostanze che non mi sarei mai aspettato. Nel 1988 mi iscrissi infatti al liceo classico Cesare Beccaria di Milano, ovvero in uno dei luoghi che normalmente si immaginano lontani dalla tecnologia, e qui ebbi la dimostrazione di quanto sia strana la scuola italiana perché entrai in una sezione sperimentale che, alle normali ore di matematica, ne aggiungeva qualcuna dedicata all’informatica. Non semplice teoria ma lezioni pratiche su un PC in carne e ossa. Uno dei primi entrati in una scuola superiore italiana.
Da Internet statico a Internet delle cose
Quando nel 1993 mi diplomai avevo ormai ritrovato l’entusiasmo necessario per iscrivermi al corso di Ingegneria Informatica del Politecnico di Milano. Contemporaneamente i computer stavano ormai entrando in tutte le case. Il mondo si era diviso fra i sostenitori di Windows e quelli del Macintosh. Edicole e librerie traboccavano di riviste e libri che proponevano dischi e CD con contenuti multimediali e interattivi. Ma soprattutto due anni prima negli Stati Uniti era stato messo online il primo sito web del mondo. E proprio nel 1993 veniva inaugurato il primo sito italiano.
Chi ha vissuto quel periodo sa che il successo di Internet non fu immediato. I primi siti non nacquero in uno scantinato per opera di ragazzini ma dentro a laboratori istituzionali grazie al lavoro di team di scienziati. L’opinione più diffusa era che il web sarebbe stato l'affare di un club ristretto: pochi siti, per lo più di aziende ed enti pubblici, creati da pochi professionisti.
Eravamo lontani dalla nascita di piattaforme come WordPress che, anche se in modo approssimativo, permettono a chiunque di creare in pochi minuti un blog personale o di mettere online la propria attività commerciale. Vent'anni fa per ottenere lo stesso risultato bisognava imparare a programmare in HTML studiando manuali di qualche centinaio di pagine, come quello che un'amica mi regalò nel 1996. Si intitolava "Come realizzare un sito Web" di Louis Kahn e Laura Logan. Lo lessi in poche ore, la sera iniziai a scrivere le prime istruzioni e già il mattino dopo il mio primo sito era online. Era un semplice sito statico con testi, foto e link. Ma anche i siti che contemporaneamente realizzavano gli scienziati nei loro laboratori erano semplici siti statici.
Quando rivedo la timeline della storia del web mi rendo conto che quel sito del 1996 ha segnato la prima di una serie di tappe in cui sono sempre stato al passo o persino ho anticipato la sua evoluzione. Questa è verità, non vanità.
E-Motion Web
Dopo qualche anno di lavoro come free-lance, nel 2001 assieme alla persona che mi aveva regalato il manuale di Kahn e Logan, fondai la mia web agency, E-Motion Web. Si stava avvicinando il giorno in cui il web sarebbe entrato nella fase 2.0, quella che avrebbe dato agli utenti la capacità di interagire con la Rete. E già noi iniziavamo a sviluppare il nostro primo sito dinamico.
Pioniere del Mobile
Nel 2003 fui testimone di una dimostrazione della Microsoft sulle applicazioni web per cellulari. Anche in questa occasione c’era interesse ma anche perplessità. Tanti infatti si chiedevano come si potesse interagire con Internet all’interno di uno schermo da due pollici come quello del Nokia 3330. Io ero fra quelli che a questa domanda rispondevano che era possibile e per dimostrarlo sviluppai una applicazione dedicata alla prenotazione dei posti nei cinema.
Oggi la nuova sfida si chiama 5G, un’evoluzione della Rete che nel giro di cinque anni raggiungerà metà della popolazione del pianeta e che porterà gli utenti nell’Internet delle cose: la possibilità di dialogare in qualsiasi luogo e momento con gli oggetti di casa, del lavoro e della vita quotidiana. Noi di E-Motion Web stiamo già affrontando questa sfida sviluppando applicazioni e servizi per le Smart city e la domotica.
Gli obiettivi di E-Motion Web
Conosciamo tutti il suggerimento di Steve Jobs di essere affamati e folli. Queste parole sono diventate il primo comandamento di ogni informatico, quasi una formula magica da pronunciare nella speranza di ripetere il successo avuto dal padre della Apple. Ma pochi sanno che molti decenni prima un filosofo tedesco di nome Theodor Adorno aveva espresso la stessa idea dichiarando che il compito dell’arte è di introdurre caos nell’ordine. Sono stati proprio gli anni in cui ho potuto affiancare all’informatica gli studi classici a darmi la capacità di creare siti capaci di distinguersi fra tutti gli altri. E sappiamo quanto sia affollato oggi il web.
L’esperienza mi ha insegnato che la parte più difficile di qualsiasi progetto sia convincere i clienti, piccoli o grandi che siano, che le opportunità offerte dal web vanno ben oltre le loro attese. Internet infatti è l’unico posto nell’universo in cui non ci sia davvero niente di impossibile. Non ci sono limiti a quello che permette di fare e di ottenere, se non quelli di chi vuole imporre al suo interno un ordine più nocivo che benefico. Ripensiamo alle parole di Jobs e a quelle pronunciate ancora prima da Adorno e capiremo che solo grazie a buone dosi di follia e di caos continueremo ad avere progressi eccezionali.
Oggi E-Motion Web è una web agency all’avanguardia che ha garantito il successo dei suoi clienti, permettendogli di alzarsi in piedi in un web fatto di siti ripiegati su sé stessi. Abbiamo ottenuto straordinari risultati in ogni settore, dall’ottimizzazione SEO ai siti web responsive, e cerchiamo continuamente nuove soluzioni ad ogni genere di necessità che venga sottoposta alla nostra squadra di specialisti: grafici, programmatori, editor multimediali e autori di contenuti web. Tutti tanto tranquilli nella vita quotidiana quanto folli e caotici nel momento in cui si mettono al lavoro.